martedì 9 settembre 2008

indonapoletano

C'è un giornale americano che ha fatto ricorso all'outourcing spinto, il Pasadena Now ha assunto due giornalisti per seguire le sedute del consiglio comunale della città californiana: lo faranno dall'ufficio in India con la webcam puntata sulla riunione comunale. Ma c'è chi ha fatto di più e meglio: si chiama Nello Del Gatto, che ha deciso di andare direttamente in India a lavorare.
- Hai avviato un tuo personale antidumping: mentre le reti internazionali assoldano i giornalisti in India in outsourcing, tu sei andato in India a fare il giornalista per i giornali Italiani. E' così?
E' esatto, perché per trovare lavoro ho dovuto accettare stipendi da terzo mondo. La mia è stata una scelta forzata, spinta anche da una esigenza familiare e dalla mancanza assoluta di lavoro nelle nostre zone. Il Mattino, per il quale ho lavorato anni, non mi assicurava nulla, neanche quel poco che prendevo come collaboratore. Avevo qualche prospettiva in qualche giornale locale, ma la cosa non mi stimolava. Ho così deciso di vedere se ero in grado di fare questo mestiere e giocarmi tutto per farmi conoscere. Ho fatto la valigia e con la famiglia siamo arrivati a Delhi. In poco tempo ho capito che la mia napoletanità e l'esperienza maturata per strada con la cronaca (e non nelle aule universitarie) mi avrebbe aiutato. Tanto da essere stato l'unico giornalista al mondo (insieme al collega di Repubblica che tirai con me) ad intervistare Sonia Gandhi la sera stessa che ha vinto le elezioni. Non l'ha intervistata mai nessuno, specialmente pensa durante le elezioni quando contro di lei si accanivano esclusivamente per le sue origini italiane. L'intervista non l'ha voluta nessuno: nessun mezzo di informazione italiano mi ha creduto. A parte i vecchi amici della redazione esteri de Il Mattino. L'ho poi venduta alla BBC (avevamo una videocamera). Questa intervista mi ha dato visibilità, ma non sicurezza lavorativa e soldi. Ora collaboro esternamente con l'ANSA, ancora con Il Mattino e con alcune trasmissioni radiofoniche della Rai (Pianeta Dimenticato, Radio 3 Mondo, Sportlandia). Ma senza stipendi da inviato o comunque da contratto giornalistico e soprattutto senza nessuna sicurezza per il futuro. Per ora, però, non mi lamento. Vedremo dopo.
- Quanta concorrenza ha un foreign correspondent-free lance come te?
Molta. Scrivendo per un'agenzia di stampa, sono sempre soggetto al fatto di dover sapere tutto, perché i miei colleghi che scrivono di India, da qui o dall'Italia, potrebbero avere storie che io non ho. Inoltre, tutto quello che fai non viene molto considerato, a differenza dell'opera di altri colleghi senior. Emblematico è il caso di Federico Rampini. Lui vive in Cina, in India c'è stato un paio di volte nei grandi alberghi, ha scritto due libri basandosi su dati economici e informazioni raccolte in rete. Che non sono falsi, intendiamoci, ma parziali, trasmettono una immagine del paese solo parziale. Tra gli studiosi e specialisti dell'India (non solo giornalisti ma anche studiosi e professori universitari) è difficile trovare suoi grandi estimatori. Capita spesso che ti chiami l'Agenzia e dica: Rampini ha scritto questo, oppure Reuters ha questo, Afp ha quest'altro. Purtroppo il nostro giornalismo è fatto molto di emulazione e di devozione assoluta verso i senior o gli stranieri.
-E' finito il tempo dei grandi inviati (senza grandissimi mezzi) alla Terzani o alla Kapuscinski? Puoi permetterti di andare di persona a vedere i fatti quando accadono?
Non voglio dire che con internet puoi fare tutto, ma ti da una buona mano. Considera che io da Delhi scrivo di India, Pakistan, Bangladesh, Nepal, Sri Lanka, Maldive, Bhutan, spesso di Afghanistan, Thailandia e Myanmar. Se volessi essere dovunque, dovrei avere il dono dell'ubiquità. Ma essere sul posto è importante. Ti faccio un esempio. Tu leggi un articolo di un giornale indiano dall'Italia. Se non consoci l'atmosfera di cui si parla (non i luoghi o le persone), non puoi capire a fondo le cose. I giornali dovrebbero investire di più sugli inviati, meglio se questi sono corrispondenti da un'area geografica dalla quale si muovono. Come, appunto, facevano Terzani e Kapuściński. Non è solo una questione economica, ma anche di strutture e di personale. L'Ansa, ad esempio, ha sedi in tutto il mondo. L'età media dei corrispondenti esteri è alta. E' gente che vive in quei posti da tempo. E' vero, ciò è garanzia di conoscenza del territorio, ma potrebbe anche portare ad una perdita di stimoli che sia l'essere giovani o vivere in un nuovo paese ti può dare.
http://indonapoletano.wordpress.com

1 commento:

marcella candido cianchetti ha detto...

gran bell'articolo certo che la realtà giornalistica italiana è desolante x non parlare dei desolanti italiani che non leggono,a molti basta farsi imbonire dal primo cretino che articola verbo in tv!