giovedì 12 febbraio 2009

Un sindacato, non una cafetteria

Il presidente dell'Assostampa Campania Enzo Colimoro comunica: nel decennale "dello sfratto dei giornalisti della Campania dalla Casina del Boschetto in Villa Comunale (novembre 1999)" di voler mobilitare le coscienze per tornare alla villa comunale. Insomma: riprendiamoci il Circolo della Stampa di Napoli, "una sede naturale - argomenta - dove potere fare vivere la cultura e le culture senza alcuna distinzione". Colimoro puntualizza: "I giornalisti, è bene ribadire, furono mandati via per finita locazione e non per morosità come ancora qualcuno si ostina a sostenere senza, evidentemente, conoscere i fatti".
Allora ci hanno sfattati o no? E se non ci stiamo più là dentro qual è la ragione? E' una domanda retorica; io la risposta la so: e se il Comune di Napoli portasse a termine la vicenda giudiziaria potrebbe finire ancora peggio di com'è andata...
A Colimoro - il quale farebbe bene a convocare una bella riunione prima di annunciare iniziative su un tema controverso come quello del circolo della stampa che a disoccupati e precari frega davvero poco (scusate il populismo, frega poco davvero) -, dico quel che mi muove dentro solo l'ipotesi di un nuovo circolo della stampa...
Il mio ricordo di giovane giornalista che quel circolo della stampa frequentava di striscio, era di luogo di separazione tra colleghi e colleghi e finanche tra giornalisti e città. Gli anni Ottanta non vorrei tornassero. Ho visto Montanelli e Biagi in quel circolo e non a discutere con i colleghi giovani ma solo a pranzo. Era un luogo fighetto dove credo che finanche ci facessero matrimoni e party, un business che con la professione non aveva niente a che spartire. Il piano terra elegante e ovattato, cozzava con il piano superiore dove c'era la Cajenna di Trevisan (lo dico con simpatia) e ci aspettava il girone (per noi ragazzi) delle signore che raccoglievano le quote. Un luogo a cui avvicinarsi con l'ironia con cui si guarda un presepe alla buona, fatto in casa.
Colimoro annuncia: "La situazione Circolo della Stampa è approdata anche su Facebook dove è stato aperto un gruppo 'Riprendiamoci il Circolo della Stampa' al quale, in poche ore, hanno dato la loro adesione oltre duecento persone tra colleghi intellettuali e cittadini", il che non mi pare che sia un fatto. E' un fenomeno virtuale che non può superare un confronto nei luoghi deputati... magari anche via Skype.
Quindi quando dice che "L'Assostampa Campania, insieme a tutte le strutture della professione, organizzerà per fine mese una mobilitazione pubblica, aperta a tutti, proprio all'esterno del Circolo per sensibilizzare istituzioni e cittadini regionali affinchè venga restituito alla città di Napoli il Circolo della Stampa in linea l'esigenza di consentire alla città di riappropriarsi di spazi culturali e intellettuali, eccetra eccetera'', rappresenta il suo punto di vista (e quello di Facebook, con tutto il rispetto).
Sui conti dell'Assostampa e del Circolo da due anni stiamo battendo la testa assorbendo le migliori energie del direttivo Assostampa. Non sono convinto che i cattivoni siano Bassolino e quelli del Comune che ci hanno cacciato per fine locazione; ma, come sanno bene i colleghi, la vicenda è assai più complessa e - assieme a quella della gestione del circolo della stampa - ha messo pesantemente in crisi i conti economici di tutta la struttura sindacale campana.
Ecco, mettiamoci a lavorare assicurando ai dipendenti dell'Assostampa un sicuro posto di lavoro e ai colleghi servizi in linea con un sindacato moderno; mettiamoci al lavoro per sistemare il disastrato conto economico. Non abbiamo bisogno di operazioni di facciata o di club house da gestire: siamo un sindacato non una cafetteria.

venerdì 6 febbraio 2009

a proposito della legge 150

Incontro due colleghi che hanno problemi convergenti e distinti. Il primo si è trovato di fatto a essere a capo dell'ufficio stampa di un ente pubblico senza essere iscritto all'ordine dei giornalisti, e mi chiede come potrà fare per iscriversi all'ordine. Difficile se non comincia una sua collaborazione giornalistica autonoma rispetto all'attività che egli svolge di comunicatore di un ente pubblico. La situazione riguarda anche i suoi collaboratori che sono due e uno solo di essi è pubblicista. Quello che aspira a diventare giornalista pubblicista di fatto non potrà maturare il periodo di collaborazione necessario non avendo il suo "capo" i requisiti. L'altro che invece publicista è, se non collabora (e non è detto che il suo contratto di lavoro glielo permetta) a qualche giornale, potrebbe finanche vedersi cancellato dall'albo non avendo appunto pubblicato negli ultimi anni.
E veniamo al caso di un altro collega che, giornalista professionsita, è stato assunto a tempo indeterminato con mansioni impiegatizie da un ente pubblico presso il quale prestava la sua opera da anni. Il collega avendo acceso anche un contratto di collaborazione ex articolo 2 con una testata giornalistica si vede - per paradosso - impedito dall'azienda pubblica che l'ha finalmente assunto a prestare regolarmente la sua attività giornalistica (evidentemente non può essere dipendente pubblico e di un privato contemporaneamente). A cosa rinuncerà il collega? Ai contributi previdenziali Inps (publici) o a quelli dell'Inpgi (a cui ha diritto per la sua attività giornalistica?). Nel giorno in cui presso la Sala della Loggia al Maschio Angioino c'è la presentazione del libro "Del Comunicare e dell'Informare - L'informazione e la Comunicazione Istituzionale dalla Costituzione italiana alla legge 150/2000", di Pasquale Di Benedetto, presidente Gruppo Uffici Stampa Campania (alla presentazione Enzo Colimoro, presidente Assostampa Campania; Giovanni Rossi, segretario generale aggiunto FNSI; Gino Falleri, Presidente nazionale GUS; Ottavio Lucarelli, presidente Ordine Giornalisti Campania; Domenico Falco, vicepresidente Ordine Giornalisti Campania), dico: cari colleghi meditate.